Sostenibilità alimentare: pare che le aziende sian già tutti sostenibili con un bel pò di anni d’anticipo.
Ieri dopo una, anzi due, lunghe chiacchierate al telefono prima con Antonella Bondi e poi con il Maestro Mauro Secondi dell’omonimo pastificio sono tornato a casa ed scritto degli appunti che son diventati l’articolo che segue.
Nel momento in cui c’è una cultura che prevede l’accessibilità indiscriminata ad ogni tipo di bene stiamo alimentando una “cultura non sostenibile”.
Abbiamo preteso la libertà di acquistare il burro francese senza andare in Normandia e l’angus argentino senza prendere un aereo gettando lo sguardo così lontano da dimenticare il produttore locale, il piccolo artigiano, le botteghe di quartiere.
Si dovrebbe tornare a vivere come una volta, quando il tonno si comperava una volta al mese e per consumarlo pagavamo al pianeta il giusto prezzo.
Ci siamo concentrati sul digitale, sui mercati online, distanti, stranieri, a volte improvvisati, realtà sparpagliate e con cicli d’impresa brevi senza storie da raccontare e senza radici nei luoghi dove siamo cresciuti.
Se è vero, come diceva Feuerbach, che siamo quello che mangiamo, possiamo affermare che siamo costituiti dagli atomi del cibo di cui ci nutriamo.
Quello che mangiamo comunica con il nostro corpo attraverso un linguaggio molto complesso, articolato tanto che se quello che mangiamo non è decifrabile perché viene da lontano (parla un’altra lingua) o non siamo abituati a mangiarlo il nostro corpo va in tilt ed il primo organo a risentirne è l’intestino con una cascata di ripercussioni poi su fegato, tiroide, reni.
Allora mi chiedo se quando parliamo di sostenibilità ambientale, alimentare, sostenibilità in tutte le sue declinazioni non sia il caso di passare nuovamente dal via, così come si fa al monopoli, ricominciando da noi dal singolo, dalla via dell’educazione.
Per me la sostenibilità è prima di tutto uno stile di vita!
Non è sufficiente trovare una definizione alla sostenibilità. Prima facciamole spazio nelle nostre abitudini quotidiane, nei piccoli gesti, in modo pratico!
La nuova moda è auto-dichiararsi sostenibili!
I siti aziendali hanno già tutti la sezione sostenibilità (ma poi pagano le ciliegie a 1€ al kg al produttore che è poi costretto a chiudere baracca). È chiaro che è il consumatore a dover pagare di più, non l’agricoltore a rimetterci – lui è l’anello più debole della catena quello che va protetto – altrimenti non ci potrà mai essere cibo per tutti.
Senza dimenticare che se il produttore non è messo nelle condizioni di produrre e guadagnare onestamente sarà costretto, per portarsi a casa la pagnotta, ad inquinare di più contraendo (tutti insieme) un debito con il pianeta, un conto che qualcuno prima o poi pagherà.
Iniziamo a pagare e consumare il giusto: il prezzo deve rendere sostenibile l’intera filiera e per questo motivo è importante ridistribuire i guadagni.
Non abbiamo ancora definito bene nella pratica che cos’è la sostenibilità anche perché ogni pezzo di terra necessità della sua pratica sostenibile. Ma se non lo facciamo in fretta, continuando a riempirci la bocca di sostenibilità, corriamo il rischio – così come è accaduto per i concetti di qualità e fresco -che anche questo rimanga un concetto indefinito, teorico. La sostenibilità è un modello molto complesso che necessita di anni per essere metabolizzato dall’intero pianeta ma prima di tutto è l’uomo a doverlo far suo.
Chi già si dichiara sostenibile, secondo me, prima cosa mente secondo non ha ancora compreso quanto lungo e complicato sia il cambiamento.
Sembra che le aziende sian già tutte sostenibili con la presunzione di credere che quel che c’è da fare è già stato fatto. Forse potremmo dire che abbiamo intuito e comunicato cosa c’è da fare, niente di più attualmente.
Giustamente vi immaginate un’azienda che dice: <<dobbiamo fare ancora molto per diventare 100% sostenibili…>>
Altro punto, in Italia non esistono ancora agenzie in grado di formulare un’analisi aziendale dettagliata e misurare il livello di sostenibilità ( se non 2/3 big company che hanno internalizzato la procedura quindi si autovalutano 😅 ). Inoltre misurare la sostenibilità non è sufficiente, perché la prova del nove che il nuovo modello sostenibile funzioni è vedere il pianeta tornare a respirare.
Mi spaventa e non poco questa visione che l’uomo sia il medico del pianeta, sopra ogni cosa, l’uomo diventa Dio che decide cosa si estinguerà e chi invece salirà sull’arca di Noe.
Siamo ancora lontani dall’essere sostenibili, ammettiamolo!
Antonio Galatà